Carità in opera contro la povertà sanitaria

NON UN SERVIZIO MA UN'AMICIZIA

L'amicizia è l'atteggiamento e la modalità con cui la Comunità di Sant'Egidio affronta il rapporto con i poveri, un abbraccio dove “si confonde chi aiuta e chi è aiutato” e che permette una capacità di immedesimazione e lettura della realtà particolarmente attenta e vera. Per questo abbiamo chiesto a Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant'Egidio, di parlarci del Piano di Lotta alla Povertà.

Nelle premesse del piano di lotta alla povertà si legge la volontà di passare da una logica assistenziale a un atteggiamento attivo. Cosa significa questo per una realtà come la vostra?
Il Piano riconosce l’importanza della prospettiva indicata dalla Comunità di Sant’Egidio insieme agli altri enti che fanno parte dell’Alleanza contro la povertà. Abbiamo sempre sostenuto che l'aiuto alimentare è una risposta immediata al bisogno che favorisce il contatto con le persone per poi aiutarle in percorsi di reinserimento; infatti i 15.000 enti che in Italia fanno distribuzione aiutano anche per l'accesso ai servizi sanitari sociali, la ricerca di lavoro ed altro.
Dopo un lungo confronto il piano presentato dal governo ricalca questa impostazione destinando il 70% delle risorse europee nei prossimi anni (2014-2020). All'inizio l'impostazione del ministero del lavoro-welfare era più propensa a inserire le risorse nella social card, ora invece si riconosce che distribuire derrate alimentari non è assistenzialismo, ma uno strumento di contrasto alla povertà concreto che crea le condizioni minime per un reinserimento, e che l'azione che noi svolgiamo è un'azione di sussidiarietà rispetto ai servizi pubblici.

E' la prima volta che un così ampio numero di soggetti sociali, sindacali, del terzo settore e istituzionali dà vita a un sodalizio per promuovere politiche adeguate contro il dilagare della povertà assoluta. Che valore date a questo coinvolgimento e che risultati può portare sia nell'immediato che in una prospettiva temporale più ampia?
L’Alleanza contro la povertà si è formata per rispondere al diffondersi di questo grave fenomeno e in seguito all’accresciuta consapevolezza, in tutti i proponenti, che solo unendo le forze si può provare a cambiare una situazione che si sta degradando. Questo è quanto si legge nei documenti che sono alla base del nostro impegno. L’articolazione così ampia e unanime di tanti soggetti sociali diversi per ispirazione, motivazioni e finalità costituisce un richiamo forte all’intera società e alle sue istituzioni perché si facciano carico di un problema che ha carattere permanente e che si presenta con aspetti diversi nel tempo. Vedo nell’immediato la necessità di far fronte all’emergenza caldo, che si ripropone annualmente nelle nostre città. Credo che anche il fenomeno dell’immigrazione debba essere ricompreso nelle iniziative dell’Alleanza, anche se naturalmente vi sono aspetti, come l’asilo, che pure è urgente affrontare ma che ricadono sotto altre competenze. Nel lungo periodo l’Alleanza dovrebbe porsi l’obiettivo di creare una rete permanente di protezione e di sostegno delle povertà ma anche di promozione sociale dei soggetti interessati. La povertà, insomma, non deve essere una condizione permanente ma in qualche modo transitoria, e un intervento sociale ben programmato deve puntare al recupero e al reinserimento.

Si può considerare la lotta alla povertà esclusivamente un problema di risorse?
Le risorse sono certamente importanti, e sono insufficienti. Ma la povertà sollecita una risposta di solidarietà e richiama il principio di cittadinanza. L’Alleanza lo ha ricordato nel recente incontro con il Capo dello Stato, al quale è stato sottolineato il rispetto del patto di cittadinanza tra lo Stato e il cittadino in difficoltà. I poveri hanno diritto al sostegno pubblico e lo Stato in tutte le sue articolazioni, a partire da quelle più vicine alle persone, che sono i Comuni, hanno il dovere di impegnarsi a compiere ogni azione utile e necessaria per superare tale situazione.

Cosa rappresenta per la vostra Comunità il servizio ai poveri?
Più che di servizio, noi parliamo di amicizia, che indica un rapporto fra eguali, dove non c’è chi dà e chi riceve ma piuttosto uno scambio reciproco. L’amicizia con i poveri è all’origine della Comunità di Sant’Egidio, fin da quando, nel 1968, Andrea Riccardi, allora studente liceale, cominciò insieme ai suoi primi compagni d’avventura ad avvicinare i poveri delle periferie romane. Lo ha ricordato nel saluto che ha rivolto a papa Francesco venuto a visitare la nostra Comunità lo scorso 15 giugno: “Ci muoveva il sogno di essere Chiesa di tutti, ma particolarmente dei poveri”. E il papa, a proposito del nostro rapporto con i poveri, ha usato parole dense di significato, ha parlato di “una tensione che lentamente cessa di essere tensione per diventare incontro, abbraccio: si confonde chi aiuta e chi è aiutato. Chi è il protagonista? Tutti e due, o, per meglio dire, l’abbraccio”. E nel tempo, l’amicizia con i poveri così praticata, ci ha portato a riflettere sui mutamenti sociali che hanno attraversato il nostro Paese e l’intero Occidente, divenuto ormai una immensa periferia dove povertà e solitudine infragiliscono la vita delle persone. Così, abbiamo diversificato la nostra azione in difesa della dignità e dei diritti delle persone.