INTERVENTO DI GIORGIO VITTADINI AL SEMINARIO DEI DELEGATI TERRITORIALI
“Non si può amare veramente gli altri se non si ama se stessi. Per questo tanto volontariato, soprattutto cristiano oggi rischia di perdere l’occasione più importante che ha da cogliere: riscoprire il grande amore che lo genera e che per questo può essere ridonato”. É quanto ha detto Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, intervenendo al Seminario dei delegati territoriali del Banco Farmaceutico, svoltosi a Milano l’11 novembre scorso.
Vittadini ha criticato l’approccio oggi dominante nell’affrontare il tema del volontariato, anche in ambito cattolico, perché viene ridotto a uno sterile altruismo, a “un fare per gli altri” che diventa alla fine un progetto ideologico, incapace di farsi veramente compagno di cammino dell’altro, perché incapace di vedere sé come costituito dallo stesso bisogno infinito che determina l’altro. Il cristianesimo si fonda invece sull’“ama il prossimo tuo come te stesso”, dove l’accento è sull’amore a sé. É un egoismo? No, risponde Vittadini, perché “non ci diamo l’essere e l’essere amati, ma lo riceviamo e per questo possiamo dare”. Vale a dire, “per amare se stessi bisogna essere amati prima”, fare un’esperienza di amore ricevuto, come il bambino con i genitori. É quando manca questa esperienza che nasce l’egoismo. Invece, ha proseguito Vittadini, nell’essere amati scopriamo un bisogno infinito che è comune a tutti quanti incontriamo, un bisogno a cui nessuno o nessuna cosa è in grado di rispondere pienamente: allora, il volontariato diventa passione al destino dell’altro, ricevere nel mentre si dona, perché “io dono me stesso che riceve”. Per questo, un volontariato vero non ha la pretesa di risolvere i problemi, altrimenti diventa violento. Un semplice gesto come donare un farmaco, ha proseguito il presidente della Fondazione per la Sussidiarietà, è perciò una cosa grandissima se “è riflesso di un amore che si riceve”, se è per fare un’esperienza di amore: è ciò che evita quella “cosa terribile” che è “la pretesa di gratitudine: gratitudine del potere, gratitudine di quello che riceve, gratitudine sociale”.
Un approccio del genere cambia anche il giudizio sulla situazione della povertà – sanitaria, in questo caso – perché “si parte da un’esperienza non da un’analisi; l'analisi è parziale nel caso in cui non ci sia un'esperienza all'origine. Agendo mi rendo conto di più di cosa voglia dire essere poveri, avere bisogno dei farmaci, trattare con le farmacie… Faccio un’esperienza che allarga i miei orizzonti”.
La stessa esperienza, ha proseguito Vittadini, suggerisce di mettere in campo tutte le conoscenze possibili, di sviluppare tutte le competenze del caso, perché “non solo la professionalità non è in contrasto con la carità, ma ne è un corollario, è una gratuità che si allarga”.
Infine, Vittadini ha invitato tutti i volontari e quanti sono coinvolti nell’attività del Banco Farmaceutico, a “testimoniare” questa diversità, perché anche nel comunicare le attività del Banco emerga questo approccio originale, un’esperienza in atto.